Biofeedback
La storia del biofeedback è abbastanza singolare: se si controlla su alcuni siti statunitensi di tutta serietà, come quello della Mayo Clinic, questa tecnica è inserita tra le terapie alternative e complementari. Sempre negli Stati Uniti, però, un comitato ufficiale incaricato di valutare le opzioni per la cura del dolore cronico ha inserito il biofeedback tra le scelte plausibili da parte del medico. E nel panorama italiano esistono istituzioni, come l'Istituto Neurologico Besta di Milano, che l’hanno impiegato nel trattamento della cefalea tensiva.
Che cos’è il biofeedback
Rispondere è relativamente semplice. Nell’organismo esistono alcune funzioni che sfuggono al controllo cosciente della persona. Di norma sono quelle rette dal cosiddetto sistema nervoso autonomo o neurovegetativo, per esempio il respiro o il battito cardiaco, altre invece diventano automatiche con l’educazione, come nel caso del controllo degli sfinteri, che si apprende in tenerissima età. Tuttavia è dimostrato che anche alcune funzioni autonome sono influenzate da atti di cui la persona è consapevole: l’ira fa comunque aumentare le pulsazioni, per esempio. Anche in situazioni meno evidenti, però si riesce a controllare certe funzioni “nascoste” soltanto che quasi sempre il soggetto non sa come ha fatto. Scopo del biofeedback è rendere manifesto come si ottiene questo risultato. Uno degli esperimenti più classici è quello della pressione arteriosa: al soggetto dell’esperimento si applica uno sfigmomanometro collegato a un campanello e ogni volta che la pressione arteriosa scende al di sotto di un livello stabilito, il campanello suona.
Questione di apprendimento
Le prime volte suonerà casualmente, ma col procedere del tempo il suono tende a diventare continuo, perché “la cavia” realizza che il suono si produce in corrispondenza di un suo particolare atteggiamento che, alla fine, è in grado di riprodurre. Insomma, il biofeedback traduce, in uno stimolo che si può cogliere facilmente coi sensi, un particolare stato (il livello della pressione) che non si è in grado di percepire. La pressione è solo un esempio: lo stimolo sensoriale può essere collegato alla variazione di diversi parametri come la temperatura corporea, la tensione di muscoli o gruppi di muscoli, l’elettrocardiogramma. La stimolazione può essere collegata a direttamente al fenomeno che si vuole controllare, per esempio la contrazione di un muscolo, oppure a un altro fenomeno che indirettamente è collegato a quello da controllare. E’ il caso della temperatura corporea, o della conduttività della cute (capacità di lasciar passare la corrente elettrica) che a loro volta variano in funzione di altri parametri quali il dolore.
Sì, funziona, però…
Gli studi su questa tecnica sono cominciati negli anni quaranta, per proseguire poi con alterne fortune fino alla fine degli anni settanta. Sul biofeedback, infatti, ha sempre pesato l’uso distorto e un po’ miracolistico. Negli Stati Uniti vi fu chi, dopo aver analizzato le onde cerebrali degli yogy indu durante la meditazione, pensava di poter usare il biofeedback collegato all’elettroencefalogramma per far riprodurre esattamente lo stato di coscienza del santone a chiunque, senza apprendistato. Con precedenti di questo genere è chiaro che il discredito era in agguato.
Oggi, però, le esperienze serie sono riprese e, come sempre nella scienza, i risultati possono anche essere negativi, ma il metodo è quello giusto. Il biofeedback, per esempio, non ha funzionato nel rieducare al controllo degli sfinteri i bambini affetti da stipsi cronica. In questo caso il biofeedback era collegato alla distensione del retto. Funziona, però, e bene nell’aiutare gli adulti affetti da incontinenza urinaria. In questi casi la chiave sta nel potenziare il controllo dei muscoli del pavimento pelvico, e il biofeedback ha dimostrato di essere molto utile per questa sorta di rieducazione.
Del dolore cronico si è detto, comunque vale la pena entrare nel dettaglio. Il biofeedback è stato sostanzialmente impiegato per cambiare la postura del paziente (che magari soffre di mal di schiena cronico) da solo o in associazione con altre tecniche di rilassamento. Nel caso del mal di schiena cronico, anche una delle severe review della Cochrane Collaboration propendeva per riconoscere un effetto positivo. Anche nella cefalea tensiva, cioè dovuta il più delle volte a anomalie nella postura, soprattutto di spalle e cervicale, il biofeedback si è rivelato utile, soprattutto nei giovanissimi, dove il ricorso ai farmaci “a tappeto” non è la soluzione ideale. Numerosi studi, questa volta con biofeedback sull’elettroencefalogramma sono stati dedicati anche al controllo delle convulsioni, anche se con esiti diversi. Malgrado sia un esempio classico, non ha avuto invece esiti clinici di rilievo l’impiego del biofeedback nel controllo dell’ipertensione…
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