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mercoledì 27 ottobre 2010

Protestantesimo


Protestantesimo 
Una delle tre confessioni maggiori del cristianesimo, accanto al cattolicesimo e all'ortodossia. Nel XVI secolo, i protestanti si separarono dal cattolicesimo, per restaurare la fede cristiana delle origini, pur conservando quanto ritenevano valido della tradizione successiva. Le comunità religiose riconducibili alla Riforma rifiutavano il primato del papa sottolineando l'autorità della Bibbia e l'importanza della fede individuale.
Il movimento di riforma fu definito protestante dopo la seconda Dieta di Spira (1529), durante la quale sei principi luterani e i rappresentanti di alcune città tedesche protestarono contro la revoca dell'editto di tolleranza promulgato dalla dieta precedente.

  LUTERO E LA RIFORMA PROTESTANTE

 La Riforma si fa iniziare convenzionalmente nel 1517 con la pubblicazione delle 95 Tesi di Lutero contro la diffusione del commercio delle indulgenze, praticato, all'epoca, per finanziare la costruzione della basilica di San Pietro a Roma. Lutero, monaco agostiniano e professore di teologia a Wittenberg, era certo, che solo la fede potesse portare l'uomo alla salvezza. Questa impostazione teologica riduceva enormemente lo spazio dell'agire umano in ordine alla salvezza, a seguito del suo rifiuto di rivedere le proprie posizioni, incorse nella scomunica, negando definitivamente l'autorità del papa e ponendosi sotto la protezione del principe Federico di Sassonia, il quale gli consentì di divulgare le sue idee con numerosi scritti. La Riforma si diffuse rapidamente soprattutto in Germania, e ben presto furono fondate anche in Scandinavia le chiese nazionali.

 Gli scritti lasciati di Lutero non trattano solo argomenti strettamente religiosi, riguardano anche molti aspetti della vita quotidiana, tra l'altro quello del lavoro.  Lutero è un personaggio storico che ha avuto un impatto importantissimo sulla storia dell'Europa, ma anche sulla vita quotidiana, sulle abitudini, sulla mentalità di chi lo seguiva.
Ecco alcune citazioni dall'opera di Lutero che riguardano il ruolo e l'importanza attribuiti al lavoro.
Nessuno muore di lavoro; e invece l'ozio e la mancanza di occupazione rovinano il corpo e la vita; l'uomo infatti è nato per lavorare, come l'uccello per volare.
Chi parla di agricoltura dice: sono le orme del padrone che ingrassano il campo; e non c'è concime migliore per il campo di quello che cade dalle scarpe del padrone; cioè se il padrone va spesso sui suoi campi.
Possedere esteriormente  denaro, beni, terra e servi infatti non è un peccato come tale, bensì dono e disposizione divini.
L'uomo deve e può lavorare e fare qualcosa [...], perché se non lavora Dio non gli dà nulla.
La vita non è riposo, ma trasformazione del buono in meglio.
Dobbiamo attenerci con lieta coscienza al nostro mestiere, e sapere che con  la nostra opera facciamo più di chi avesse fondato tutti i conventi e retto tutti gli ordini; anche se è il più piccolo dei lavori domestici.
Ciascuno deve produrre quel tanto da potersi mantenere e non essere di peso agli altri, bensì di aiuto.
Il lavoro in sé è gioia.
Sarebbe proprio necessario che nella cristianità venisse abolita ogni forma di mendicità [...], ogni città si curi dei suoi poveri e non lasci entrare mendicanti di fuori.
Cristo non vuole che non si possieda e non si accetti denaro né beni, o che se li si ha li si getti via, come hanno insegnato e fatto numerosi pazzi tra filosofi e dei santi pazzi tra i cristiani. Egli permette infatti che tu sia ricco, però non vuole che l'amore sia legato a ciò.
Quelli che non difendono e non mantengono nessuno, ma consumano, oziano e impoltroniscono soltanto, il principe non dovrebbe tollerarli nel suo paese, ma cacciarli o costringerli a lavorare: come fanno le api, che cacciano via i fuchi che non lavorano e mangiano il miele delle altre api.

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