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giovedì 21 ottobre 2010

"Cristo nel sepolcro"- Hans Holbein


"Cristo nel sepolcro"
Hans Holbein il Giovane (Augusta, 1497 o 1498 – Londra, 29 novembre 1543) è stato un pittore e incisore tedesco, che dipinse prima a Basilea dove si recò nel 1516 e poi in Inghilterra - dal 1526 fino al 1528 - dal 1532 rimase a Londra alla corte di Enrico VIII che nel 1536 lo nominò pittore di corte. Morì di peste e fu sepolto a Londra.
Lo scrittore russo Fëdor Mikhailovič Dostoevskij fu fortemente impressionato dal quadro "Cristo nel sepolcro" che aveva visto nel 1867 a Basilea. Si racconta che contemplando il dipinto cadesse in uno stato di deliquio e di disperazione. Quell'occhio spalancato e vuoto, i lunghi capelli disordinati e la barba aguzza e incolta, la bocca aperta congelata nella smorfia dell'agonia, il corpo macilento e ossuto, la mano violacea e i piedi dalle nere unghie, non lasciavano nello spettatore margine di dubbio alcuno. Cristo, il più bello tra gli uomini, era veramente morto e mai sarebbe risorto!
Nell'opera letteraria "L'idiota", uno dei suoi capolavori, il quadro è più volte citato e discusso dai personaggi del romanzo.
....Attraversarono quelle stesse stanze per dove il principe era già passato; Rogòzin andava avanti e il principe lo seguiva. Entrarono in un salone dove alle pareti erano appesi dei quadri: tutti ritratti di ecclesiastici o paesaggi in cui non si riusciva a distinguere chiaramente nulla. Sopra la porta che metteva in un’altra stanza era appeso un quadro piuttosto strano per la sua forma: era lungo quasi due metri e alto meno di una trentina di centimetri. Il quadro rappresentava il Salvatore subito dopo essere stato deposto dalla croce. Il principe gli gettò un’occhiata di sfuggita, come se gli ricordasse qualcosa, ma non si fermò e si avviò verso la porta. Si sentiva molto oppresso e voleva uscire al più presto da quella casa. Ma Rogòzin si arrestò improvvisamente davanti al quadro.
“Tutti i quadri che vedi qui, ” prese a dire, “ sono stati comprati all’asta per uno o due rubli; a lui piaceva comprarne. Un intenditore è stato qui a vederli: ha detto che sono tutte croste, eccetto questo quadro qui sulla porta, che è stato anch’esso acquistato per due rubli, ma che non è una crosta. C’era già stato uno che aveva offerto al babbo di acquistarlo per trecentocinquanta rubli [...]. Ma io ho preferito tenermelo.”
“Ma questa... questa è una copia di un quadro di Hans Holbein,” disse il principe, che intanto aveva osservato meglio il quadro, “e, sebbene io non sia un grande intenditore, mi pare che sia un’ottima copia. Questo quadro io l’ho già visto all’estero e non ho mai potuto dimenticarlo. Ma che ti prende?..” [...]
“Dimmi un po’, Lev Nikolàevic, era già un pezzo che volevo chiedertelo: tu credi in Dio o no?” riprese a dire improvvisamente Rogòzin, dopo aver fatto qualche passo.
“Che strano modo di far domande il tuo... e di guardarmi!” esclamò involontariamente il principe.
“A me piace contemplare questo quadro, ” mormorò Rogòzin dopo una pausa di silenzio, come se di nuovo si fosse dimenticato della domanda che aveva fatto.
“Questo quadro!” gridò il principe, come colpito da un’idea improvvisa, “questo quadro!...” ripeté.
“Ma questo quadro può far perdere la fede!”
“Infatti, la si può perdere, ” confermò inaspettatamente e all’improvviso Rogòzin.

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