saluto

sabato 16 ottobre 2010

Raimondo di Sangro


Raimondo di Sangro
Nato a Torremaggiore, in provincia di Foggia, il 30 gennaio del 1710 da Antonio di Sangro e Cecilia Caietani d'Aragona, era il terzo di tre fratelli. La madre morì quando il bambino aveva soltanto un anno. E anche i primi due fratelli, Paolo e Francesco, morirono in tenera età, per cui a 16 anni Raimondo ereditò il titolo di Principe di San Severo. Il padre, sconvolto dalla morte della moglie, non si volle occupare del piccolo e, prima di rinchiudersi in un convento, lo affidò al nonno. Raimondo all'età di dieci anni fu mandato al Seminario di Roma dai padri Gesuiti. Il giovane aveva 20 anni quando tornò nel palazzo dei suoi avi a Napoli, nel frattempo aveva acquisito un bagaglio culturale notevolmente superiore a quello posseduto dai nobili dell'epoca. Raimondo, che non ha certo lasciato un bel ricordo di sé, non fu soltanto uno dei personaggi più misteriosi e discutibili del Settecento europeo, forse fu una delle menti più brillanti della sua epoca. Di lui la gente diceva che fosse una specie di stregone, un alchimista diabolico che faceva rapire poveri disperati i cui corpi dovevano servire per i suoi turpi esperimenti.
L’enciclopedia Treccani, pur riconoscendogli « una vastissima notorietà nel regno e all’estero» mette in dubbio le sue capacità scientifiche sostenendo che «inventò, o credette di inventare, nuovi tipi di armi da fuoco, e innumerevoli ritrovati nel campo della pirotecnica, delle industrie tessili, della colorazione dei marmi e dei vetri, della meccanica applicata, eccetera». Gli interessi principali del Principe erano gli antichi riti alchemici, la cosiddetta «arte sacra» o «arte regia», che fin dai tempi più remoti i sacerdoti egiziani tramandavano ai propri discepoli. Alambicchi, forni e provette riempivano lo scantinato del suo palazzo e di notte non era raro vedere strani fumi colorati e sentire odori pestilenziali che fuoriuscivano dalle finestre sbarrate che davano sulla strada.
Alcune sue invenzioni:
*Un cannone in lega di ferro (allora erano di bronzo) e un fucile a retrocarica che, di fatto, anticipò l'invenzione del Lefaucheux, l'ideatore della nuova arma. 
*Sintetizzò un composto con cui colorare il marmo e il vetro. 
*Inventò una carta ignifuga, in lana da un lato e in seta dall’altro.
*Sintetizzò pietre preziose artificiali,
*Realizzò il controverso «lume eterno» triturando le ossa di un teschio, ottenne una mistura, probabilmente a base di fosfato di calcio e di fosforo ad alta concentrazione, che aveva la capacità di bruciare per ore consumando una quantità trascurabile di materia.
*Creò un tessuto impermeabile, una novità assoluta per l'epoca, con il quale fece confezionare dei mantelli per il re Carlo lll di Borbone appassionato cacciatore e suo estimatore, che li apprezzo moltissimo.
*La cera fatta senza api,
*Il sistema per rendere potabile l'acqua marina.
*Dicevano che sapesse ridurre in polvere i marmi e metalli e rendere semitrasparente il marmo.
*Ideò una carrozza anfibia (esiste un disegno.)
*Pare che sapesse far “trasudare” le statue in modo che un liquido simile alle lacrime fuoriuscisse dal marmo. Il fenomeno sarebbe ancora oggi visibile in una delle statue angeliche poste di fianco all'altare, che addirittura presenterebbe delle tracce di erosione.
Di Sangro aveva anche un altro hobby, il canto e girava per i suoi possedimenti in cerca di fanciulli dalla bella voce, li «comprava» dai genitori li faceva castrare dal suo medico di fiducia, e poi li metteva nel Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, a Napoli, dove i castrati venivano avviati alla carriera di «sopranisti» molto apprezzati a quei tempi. L’ambizione massima del Principe era comunque quella di stupire i posteri con un segno inconfutabile della sua esistenza da protagonista, è nata così la Cappella San Severo che non era destinata al culto. Restaurandola l’abbellì con affreschi realizzati con colori a tutt’oggi indelebili, risultato di un processo chimico che si potrebbe definire fotografico. Stupefacente è la lapide tombale dello stesso Principe, si tratta di una grande lastra di marmo con una scritta in latino. Le lettere sul marmo non sono scolpite ma in rilievo, il marmo forse è stato consumato con degli acidi lasciando in rilievo le parole. Poi ci sono diciotto statue rappresentanti per la maggior parte parenti diretti del Principe. Tutte le statue sono di ottima fattura e portano il nome di famosi scultori dell'epoca. Tre di queste, però, sono davvero particolari. Cristo velato, il Disinganno, la Pudicizia. Alcuni sostengono che i veli sono stati ottenuti «cristallizzando una soluzione basica di idrato di calcio o calce spenta». Praticamente la statua veniva posta in una vasca e ricoperta da un velo, o da una rete, su questi veniva versato latte di calce diluito e sul liquido veniva spruzzato ossido di carbonio proveniente da un forno a carbone. In questo modo si sarebbe ottenuto una precipitazione di carbonato di calcio, e cioè marmo, che si saldava al resto della statua. Finora, però, nessuno ha dimostrato con i fatti che questa teoria sia quella giusta. Il pezzo forte della cappella però non sono le statue, ma le 2 “macchine anatomiche”conservate in due teche di vetro alte circa due metri. Lo scheletro della donna ha il braccio destro alzato e i globuli oculari interi. Le ossa sono interamente rivestite dal fittissimo sistema arterioso e venoso che, ha preservato anche gli organi più importanti. Il cuore è intero e nella bocca si possono vedere persino i vasi sanguigni della lingua. Era incinta. Nel ventre si può notare la placenta aperta dalla quale fuoriesce l'intestino ombelicale che va a congiungersi con il feto. Così come quello della madre, anche il cranio di questo bambino mai nato si può aprire per vederne all'interno la complessa rete dei vasi sanguigni. Il corpo dell'uomo ha più o meno le stesse caratteristiche. Non sappiamo come siano state realizzate le «macchine anatomiche» si potrebbe ipotizzare che abbiano iniettato nelle vene delle due malcapitate persone una sostanza che, entrando in circolo, abbia progressivamente bloccato la rete sanguigna fino alla morte dei soggetti. A questo punto la misteriosa sostanza avrebbe «metallizzato» vene e arterie preservandole dalla successiva decomposizione; sono comunque solo supposizioni, tuttavia un esame compiuto negli anni Cinquanta aveva rivelato: «L'intero sistema di vasi sanguigni, all'analisi, si è rivelato metallizzato, cioè, impregnato e tenuto in sesto da metalli in esso depositati».
Una leggenda racconta che per diventare immortale praticò un rito magico. Disse ai suoi servi che dopo la sua morte dovevano tagliare a pezzi il suo corpo e metterlo in una cassa costruita apposta, lui sarebbe uscito dopo tre giorni, rigenerato. I parenti convinti che nella cassa si celasse un tesoro, l’aprirono prima del tempo e il principe non ancora completamente rigenerato tentò di sollevarsi ma ricadde urlando, e tra atroci sofferenze morì definitivamente poco dopo. La storia ufficiale ci dice che si ammalò molto probabilmente di cancro per le sostanze inalate nei suoi numerosi esperimenti, e morì la sera del 22 marzo 1771 d’infarto miocardico. 



pudicizia velata                                        disinganno


Cappella S. Severo
Santa Maria della Pietà o Pietatella, conosciuta come cappella Sansevero, fu fondata nel 1590 da Giovan Francesco de’Sangro, suo figlio Alessandro fece ampliare l'edificio destinandolo a luogo di sepoltura dei membri della casata. L'aspetto definitivo della cappella è del Settecento avanzato, grazie a don Raimondo de’Sangro, principe di Sansevero.
Presenta un'unica navata rettangolare con quattro archi per lato, nei quali vi sono le cappelle, ed un presbiterio. Il Principe affidò tutti i lavori allo scultore veneto Antonio Corradini, ma questi poté eseguire quasi tutti i modelli e i bozzetti in terracotta, ma solo poche sculture tra cui la Pudicizia velata. Al maestro veneto subentrò il genovese Francesco Queirolo che proseguì il lavoro attenendosi al predecessore. Tra i suoi lavori spiccano Santa Rosalia, San Odorisio e il virtuosistico Disinganno su di un basamento raffigurante Cristo che dona la vista al cieco.
 Al centro della navata c'è il Cristo velato di G Sanmartino. L'autore lasciò qui quest'unica scultura firmata e datata 1753, colpiscono non tanto la composizione quanto l'effetto, il trattamento, i giochi di luce, i chiaroscuri, facendo di quest'opera un esempio perfetto di sottigliezza tecnica. Ciò che rende misteriosa quest'opera è appunto la velatura in pietra, che a detta di esperti è impossibile da realizzare con un tale realismo, si pensa, infatti, che anche per la velatura sia stato utilizzato un sistema sconosciuto che ha pietrificato un velo vero.
Forse l'opera "il Disinganno" rende, ancor più che il Cristo velato, la straordinarietà di queste opere. Creare una rete cosi perfetta e sottile, con martello e scalpello nel marmo sembrerebbe impossibile.
In questa cappella sono conservate le cosiddette "Macchine anatomiche", ossia due corpi di esseri umani, un uomo e una donna, trattati con un procedimento ancora sconosciuto che ha "metallizzato" i vasi sanguigni dei due corpi rendendoli immuni alla decomposizione. I due corpi presentano solo lo scheletro e la fitta rete di vasi sanguigni, cuore compreso, reso un po' più gonfio del normale appunto per via del procedimento usato.
Nella foto è ritratta la donna, con un braccio alzato, da notare che la donna era incinta ed è possibile vedere anche i vasi sanguigni del bambino.
Non si sa ancora se le "vittime" siano state trattate da vive o da morte, ma dal braccio alzato si potrebbe pensare fosse in vita. 


2 commenti:

  1. Che imteressante questo tuo post Enrico ...e che opere stupende ..
    Il Cristo velato ...e il padre del Principe stesso che si libera dalle catene ...catene che sembrano vere ...ma fatte di marmo ...Che personaggio questo Principe ....sono stata a Napoli ...peccato non sapevo di questa Cappella ..Buon pomeriggio caro Enrico ...dovrei venire a trovarti più spesso .le tue curiostà sono sempre molto interessanti ..

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  2. È incredibile il virtuosismo dello scultore che lavorando il marmo, ha ottenuto la “trasparenza” del velo che copre e trasfigura i corpi del Cristo e della Pudicizia. Lo stesso stupore suscita quella rete così realistica da far dimenticare che è stata ricavata nel marmo di Carrara.
    Cara Bianca ti ringrazio per il lusinghiero commento, gioiosa giornata, un abbraccio.
    enrico

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