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venerdì 15 ottobre 2010

San Giuseppe D'Arimatea

San Giuseppe D'Arimatea
Giuseppe d'Arimatea fu nobile Decurione e discepolo del Signore e seppellì nel suo sepolcro nuovo il corpo dello stesso Signore, deposto dalla croce. Giuseppe d'Arimatea santo, la reliquia di un suo braccio è a S. Pietro in Vaticano, documentata dal 1454. Ricordato per nome in tutti e quattro i Vangeli, era personaggio autorevole in Israele, membro del Sinedrio, discepolo di Gesù ma di nascosto per via della sua posizione. Luca ci racconta che Giuseppe d'Arimatea si era invano opposto alla decisione di mettere a morte Gesù. È lui che ottiene da Pilato il corpo di Gesù, che lo porta al Sepolcro, che compra il lenzuolo di lino in cui poi lo avvolge, che mette a disposizione una bella e dignitosa tomba scavata nella roccia. È interessante leggere quello che di lui dicono i Vangeli: Matteo 27,57-61; Marco 15,42-47; Luca 23,50-56; e Giovanni 19,38-42.
Forse fu proprio lui che custodì per primo il mitico Santo Graal il "boccale” secondo la tradizione medioevale e popolare, nel quale avrebbero bevuto Gesù e gli apostoli durante l'ultima cena e nel quale Giuseppe d'Arimatea avrebbe raccolto il sangue sgorgato dal costato trafitto del Redentore crocefisso.




A Melegnano, nella chiesa di San Pietro, già esistente nel 1200, si può ammirare una Deposizione in terracotta volgarmente chiamata dal popolo "i caragnòn de san Péder".i piangenti di san Pietro. La scultura rappresenta Cristo, morto, circondato dalle Marie, da Nicodemo, da Giuseppe d'Arimatea e dà altri discepoli. Questo gruppo formava la Pala d'altare dell’antica cappella del Sepolcro. Fu trasportato qui, in sede definitiva nel l678. Il gruppo storicamente s’ispira al racconto evangelico degli ultimi momenti prima che Cristo fosse chiuso nel sepolcro. Al lati estremi ecco i due ebrei amici di Cristo, Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo, che esprimono l'ultimo atto di riconoscenza e d’affetto a Cristo, amorosamente sorreggendolo. Nell'interno vi sono le quattro Marie: Maria Maddalena, la Madonna, Marta madre di Giacomo, Maria dei figli ai Zebedeo
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Glastonbury 
Nella campagna inglese, su una piccola collina al centro di una pianura sorge una torre, ultime vestigia di un'antica chiesa, è Glastonbury Tor.
Circa 2000 anni fa. Glastonbury era poco più che un'isola, il mare difatti giungeva ai piedi della collina e paludi rendevano l'accesso difficoltoso e tortuoso proteggendo la collina. Le terrazze che si vedono ancora sul fianco della collina confermano che i pellegrini seguivano un percorso tortuoso per giungere sino alla sua sommità. 
 La leggenda narra che la prima chiesa cristiana d'Inghilterra fu fondata a Glastonbury da Giuseppe d'Arimatea nel I secolo d C. Giunto sull'isola conficcò il suo bastone nel terreno, questo mise radici e germogliò dando origine all'albero di biancospino che si trova di fonte alla cappella della Madonna e che tutt'oggi fiorisce due volte l'anno (natale e pasqua). E' qui che Giuseppe edificò la chiesa che in epoche successive fu ampliata fino a divenire nel XVI secolo una cattedrale.
 Secondo la leggenda Giuseppe aveva con se il Graal che gettò in un pozzo e l'acqua assunse immediatamente un colore rosso che conserva ancora. In realtà l'acqua del pozzo era sempre stata rossa, ed il luogo era meta di pellegrinaggi in epoca precristiana. Vi furono due tentativi di cristianizzare la collina di Glastonbury, prima fu edificata una chiesa consacrata a San Michele e distrutta da un terremoto, della chiesa che fu edificata sulle rovine della precedente rimane oggi solo la torre sulla sommità della collina. Secondo le tradizioni pagane si credeva che qui vi fosse l'accesso al regno di Anwen, il regno sotterraneo delle tradizioni celtiche. Per la chiesa era l'equivalente dell'inferno, e quindi un pericoloso antagonista alla "vera" fede.
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  A Glastonbury, è legata anche la leggenda della tomba di Artù. Si racconta che un bardo rivelò a re Enrico II l'ubicazione della tomba del leggendario sovrano, così nel 1182 durante i lavori di ricostruzione della chiesa i monaci cercarono la tomba di Artù. Vicino alla cappella della Madonna, a 2 metri di profondità trovarono una lapide ed una croce di piombo che recava quest'iscrizione: "Hic lacet sepultus inclitus rex arturius in insula Avalonia" (qui giace sepolto il famoso re Artù nell'isola di Avalon). Due metri e mezzo sotto quella lapide c'era una bara con due scheletri, il più grande misurava 2 metri e quaranta, insieme agli scheletri vi era una treccia di capelli biondi. Le ossa scomparvero misteriosamente e di quell'uomo alto 2 metri e quaranta non si sono potuti studiare i resti.
 Era dunque Glastonbury la leggendaria Avalon, dove in uno stato d'animazione sospesa, Artù attende il momento del suo ritorno? Quello che è certo, sulla collina ci sono tracce d'abitazioni di legno e resti d'animali che fanno presumere un tenore di vita agiato dell'antico abitatore della collina.
Altro mistero, un segreto comune a molti siti megalitici antichi, un mistero che si estende nella campagna circostante in un cerchio di 12 km di diametro. Fossi, strade, colline, formano le dodici costellazioni, sono distinguibili l'aquila (acquario), il toro, la barca (cancro), i gemelli, e tutte le altre figure zodiacali. Fu il libro "Il tempio delle stelle di Glastonbury" di Katharine Maltwood a scatenare una serie di controversie accademiche tra i vari studiosi. Molti dettagli sulla ricerca sul simbolismo zodiacale di Glastonbury si devono alla ricerca svolta dall'insegnate di storia dell'arte Mary Caine, membro dell'Ordine dei Druidi di Londra. Nei suoi studi ha svolto ricerche anche su altri disegni geomantici come le configurazioni nei pressi di Kingston-on-Tames.
Forse tutti questi misteri sono tra loro collegati, e quando troveremo la risposta ad uno, anche gli altri tasselli del mosaico storico troveranno una collocazione.

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