saluto

domenica 31 ottobre 2010

Reliquie della passione di Gesù

Reliquie di Gesù
Tra le reliquie più famose legate alla vita e alla passione di Gesù ci sono gli attrezzi e gli oggetti usati per la Sua crocefissione. Alcuni di questi oggetti furono rinvenuti nel IV secolo a Gerusalemme dalla madre dell'imperatore Costantino, sant’Elena.


* La croce sarebbe stata trovata insieme con quelle dei due ladroni scavando il terreno del Golgota. Quella del Cristo fu riconosciuta miracolosamente avvicinando le tre croci a una malata, ovviamente quella vera era quella che indusse la guarigione. Ancora oggi in molte chiese sono conservati numerosi frammenti della croce. Erasmo da Rotterdam 1466-1536 (teologo, umanista e filosofo olandese) ironicamente affermava che i frammenti in circolazione erano così numerosi che con tutto quel legno si sarebbe potuta costruire una nave.

*I chiodi della crocefissione, pare ve ne siano ventisei o ventisette sparsi in Europa. Per esempio c’è un chiodo forgiato a forma di morso di cavallo che è conservato nel Duomo di Milano, un altro dovrebbe essere conservato a Roma, un terzo sarebbe dentro la corona ferrea, conservata a Monza (Nel 1993 alle analisi il “ chiodo” è risultato essere una lamina d’argento).


*La corona di spine era venerata a Costantinopoli già ai tempi di Giustiniano (Tauresium, Illiria 483 - Costantinopoli 565), durante l'Impero Latino d'Oriente (1204-1261) ne vennero in possesso i Veneziani, fu poi ceduta al re Luigi IX che la collocò nella Sainte Chapelle da lui fatta costruire a Parigi. Poi passò all’abbazia di S. Dionigi e infine nel 1806 fu trasferita a Notre Dame, dove è conservata. La Corona consiste in un cerchio di giunco intrecciato, di 21 cm di diametro, nel quale furono infilate le spine che poi nei secoli furono disperse fra le varie chiese. Si conoscono settanta spine

 
*Il Graal la coppa utilizzata nell'Ultima Cena da Gesù e poi da Giuseppe d'Arimatea per raccogliervi il sangue di Cristo. Quella della foto è conservata nella basilica di Valencia.

*La Scala Santa cioè la scala percorsa da Cristo, per recarsi da Pilato, ne esistono almeno due, una si trova a Roma a San Giovanni in Laterano e una a Gerusalemme.


*Il Titulus Crucis è l'iscrizione che fu incisa sulla tavoletta posta sulla croce, su di essa era scritto il motivo della condanna. La reliquia è conservata nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma

*La colonna della flagellazione una è custodita in un reliquiario di bronzo nella chiesa di Santa Prassede a Roma. E' alta cm 63 per un diametro di cm 40 alla base, di cm 20 alla sommità e di cm 13 nel punto più stretto. Nella seconda foto c'è quella conservata nella Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Un frammento si trova anche nella chiesa Santi Apostoli di Istambul


 * La tomba nella quale Gesù fu deposto (il "Santo Sepolcro") e la pietra sulla quale il suo corpo sarebbe stato unto per la sepoltura, si trovano nella Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme che comprende anche la collina del Golgota, luogo della crocefissione.


*La Sacra Lancia con la quale il soldato Longino trafisse il costato di Cristo, è custodita nella Schatzkammer dell’Hofburg di Vienna, A Cracovia c’è un’altra lancia sacra probabilmente una copia di quella viennese


*La terra imbevuta del sangue di Gesù sgorgato dalla ferita al costato, fu raccolto dal soldato Longino che lo avrebbe portato a Mantova. Nel luogo dove Longino avrebbe interrato la preziosa reliquia, sorse la Basilica di Sant'Andrea Apostolo e nella cripta della cattedrale si conserva la terra imbevuta del Preziosissimo sangue di Cristo.


*La Sacra Sindone, conservata a Torino, sarebbe il lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Gesù durante la sepoltura.


* Della tovaglia di lino usata da Cristo per la lavanda dei piedi degli Apostoli, se ne conoscono due esemplari, una è conservata a San Giovanni in Laterano a Roma, l'altra nella "Church of Cornelius in Acqs, Germany" su quest’ultima ci sarebbe l'impronta del piede di Giuda (Come avranno dedotto che è il piede di Giuda?)


* Il Santo Prepuzio è forse la reliquia di Cristo più curiosa. L’unico prepuzio riconosciuto ufficialmente (1907) sarebbe stato quello conservato ed esposto nel giorno di Capodanno a Calcata paese del viterbese, il parroco ne denunciò il furto nel 1970. Pare ne esistano altri tredici esemplari conservati nelle cattedrali di mezza Europa. La reliquia era venerata nella funzione, poi abolita, che ricordava la circoncisione di Gesù, avvenuta l'ottavo giorno dopo la nascita.

* La Tunica se ne conoscono due esemplari: Argenteuil presso Parigi, e Duomo di Treviri Germania

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Riporto un commento che aveva fatto nel vecchio blog il 
 Vescovo Ordinario: Sua Eminenza Silvano, Vescovo di Luni, Esarca d'Italia

Immagine di vescovo Silvano di Luni Sanserafinita
vescovo Silvano di Luni ... - 18 Lug., 2009
Pochi sanno che una Spina della Corona di Cristo, dono dei Borboni (ramo Bourbon dal Monte) si trova nella piccola Chiesa di Colle di Tizzana in Diocesi di Pistoia e, da studi fatti, è una di quelle che vantano le più grandi possibilità di essere autentiche.

Immagine di enrico zio
enrico zio - 20 Lug., 2009
Vescovo Silvano di Luni non conoscevo la storia della Chiesa di Colle di Tizzana, e sono andato a curiosare per documentarmi. 
Spero di non aver commesso errori.
http://amici-in-allegria.blogspot.com/2010/10/sacra-spina-chiesa-di-colle-di-tizzana.html

Sacra Spina - Chiesa di Colle di Tizzana in Diocesi di Pistoia -


Sacra Spina
All'interno della chiesa di Santa Maria Assunta a Colle di Quarrata, dal 1920, si venera la Reliquia della Sacra Spina, proveniente dalla Corona di Cristo. La presenza della Reliquia e la posizione della chiesa che sorge lungo uno dei rami secondari della Via Francigena, ne hanno fatto per decenni, meta di pellegrinaggi.
Quando re Luigi IX (1214-1270) voleva fare un omaggio importante, donava una delle spine della S. Corona. Fra i beneficiari vi furono anche Carlo I re di Napoli e Beatrice dei Borboni, sposa di Roberto. Dopo molti passaggi ereditari la Sacra Spina giunse al marchese Francesco G. Battista Borbon del Monte, discendente dei Borboni che fece esaminare la reliquia. L’arcivescovo Tommaso Bonaventura dei conti della Gherardesca, nel 1715, e l’arcivescovo Giuseppe Mario Martelli, nel 1725, dichiararono che dagli antichi documenti esaminati la Spina era quella ereditata dai Borboni.
Dopo una pausa di circa vent'anni, nel 2007 è ripresa la tradizionale Festa della Sacra Spina, che è celebrata, secondo l’opportunità, la domenica precedente o seguente il 14 settembre di ogni anno

Titulus crucis


Durante dei lavori di restauro alla chiesa romana di Santa Croce in Gerusalemme voluti dal cardinal Mendoza, stando a quanto riportato nel diario di Stefano Infessura si legge:
“ Alla data del 10 febbraio 1492, quando gli operai ebbero raggiunto la sommità dell’arco trionfale, dove si trovavano le colonnine, vi rinvennero una nicchia, contenente una scatola di piombo: sopra, in una tabella di terracotta appariva scritto «TITULUS CRUCIS». Nella scatola si trovò una tavoletta «lunga un palmo», corrosa da un lato e con incise e dipinte in rosso alcune lettere rovesciate e da destra a sinistra, in tre righe scritte, dal basso in alto, in latino, greco ed ebraico, che, integrate, si traducono con: «Gesù il Nazareno, re dei Giudei» («I. NAZARINVS RE[X IVDAEORVM]» in latino; «IS NAZARENUS B[ASILEUS TVN IOUDAIVN]» in greco).”
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Nelle rappresentazioni della crocifissione, sulla croce compare una “tavoletta” sulla quale compaiono quattro lettere “INRI”, iniziali dell'espressione latina Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum.
In alcune chiese ortodosse vi sono le lettere “INBI”, iniziali  dell’espressione greca equivalente (Ἰησοῦς ὁ Ναζωραῖος ὁ Bασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων).
Questa iscrizione è chiamata “ Titulus crucis”e riportava il motivo della condanna ovvero:
«Hic est rex Iudaeorum» Questi è Gesù, il re dei Giudei (Matteo 27,37).
«Iesus Nazarenvs Rex Iudaeorum» Gesù Nazareno, re dei Giudei (Giovanni (19,19). In questo vangelo si specifica che la scritta era in ebraico, latino e greco.
Nella chiesa romana di Santa Croce in Gerusalemme sono conservate alcune reliquie: un chiodo, frammenti della croce, 2 spine della corona e una tavoletta di legno, che secondo la tradizione cattolica fa parte del Titulus. Tutti oggetti rinvenuti a Gerusalemme nel 325 da Elena madre dell’imperatore romano Costantino I. Elena divise a metà il Titulus per lasciarne una parte a Gerusalemme portando l'altra a Roma. La metà romana (25.3 x 14 x 2.6 cm) contiene il seguente testo (nei tre livelli sovrapposti di aramaico, greco e latino):
[ישו] הנוצ[רי מלך היהודים]
[ΝΩΙΑΔΥΟΙ ΝΩΤ CΥΕΛΙCΑ]Β CΥΝΕΡΑΖΑΝ CΙ
[MVROEADVI XE]R SVNIRAZAN.I
L’autenticità della reliquia è una questione che ancora non ha avuto, dal punto di vista della ricerca scientifica, risultati definitivi. Dagli studi del giornalista e antropologo Michael Hesemann. che l'ha sottoposta ad un'analisi di paleografia comparata, e in seguito alle conferme di esperti studiosi (Carsten Peter Thiede e Leah Di Segni), è risultato che il legno della tavoletta è anteriore al IV secolo d.C.; la scrittura, in particolare quella latina, risale molto probabilmente al I secolo d.C.; il testo è sostanzialmente lo stesso del Vangelo di Giovanni, testimone oculare (secondo lo stesso vangelo) dell'evento.
La studiosa Maria Luisa Rigato ha invece avanzato l'ipotesi che il Titulus sia una copia dell'originale. Poiché la datazione del legno data dall'esame del Carbonio 14, eseguito nel 2002, fa risalire il legno all'intervallo tra gli anni 980 e 1150

Reliquia della santa croce "il Sacro morso".




Reliquia
della santa croce "il Sacro morso".
Narra la leggenda che la madre di Costantino (Sant'Elena) portò al figlio i chiodi che erano stati usati nella crocifissione di Cristo che lei aveva ritrovato miracolosamente a Gerusalemme. Uno fu buttato in mare durante il ritorno per placare una tempesta. I tre Chiodi entrati in possesso di Costantino, furono messi: nel suo elmo, in una briglia e nel morso del cavallo per scongiurare eventuali disgrazie. Purtroppo due reliquie scomparvero e nonostante affannose ricerche non furono ritrovate. Un giorno Sant’Ambrogio, allora vescovo di Milano, mentre girava per la città, passando davanti alla bottega di un fabbro, fu attratto dal frastuono delle martellate. Entrato nella bottega dell'artigiano, lo vide impegnato a cercare di piegare, senza riuscirci, un piccolo pezzo di ferro. Il vescovo guardando l’oggetto da vicino riconobbe in quel grosso chiodo ritorto, lungo poco più di una spanna la Sacra Reliquia di cui si erano perse le tracce e ora, senza spiegazioni plausibili ricompariva nella bottega di un fabbro. Ambrogio fece immediatamente portare il Chiodo in Santa Tecla, dove rimase fino a quando la chiesa non venne abbattuta per fare posto alla costruzione del Duomo. Lo stesso Sant’Ambrogio parlò della reliquia per la prima volta durante un’orazione funebre pronunziata il 25 febbraio 395 La prima processione del Santo Chiodo che si ricordi risale al 1576, quando, durante la peste, San Carlo portò la reliquia in processione dal Duomo alla chiesa di San Celso per implorare la fine dell'epidemia. Il morso di ferro ricavato dal Sacro Chiodo sarebbe quello custodito nell'abside del Duomo di Milano, a 45 metri d'altezza. Il 13 settembre di ogni anno l'arcivescovo sale fin lassù con un ascensore barocco la "nivola", (termine dialettale che significa: nuvola) e lo porta giù per benedire i fedeli. Solo dopo la messa vespertina del giorno successivo, il sacro ferro viene riposto nella sua sede abituale, dove rimane fino all'anno seguente. Suggestivo è il rito della «nivola». Si tratta di una sorta di ascensore, il cui aspetto, ricorda quello di una nube che si alza verso il cielo. Mossa da un sistema di argani elettrici la «nivola» sembra sia stata progettata da Leonardo (originariamente era azionata da una ventina di uomini che si trovavano sul tetto della cattedrale.) Nella sua forma attuale la nivola, così come l'artistica croce che accoglie la teca del Santo Chiodo, risale all'epoca del cardinal Federico Borromeo: rivestita di tela e ornata di dipinti raffiguranti angeli e cherubini, fu dipinta dal Landriani nel 1612, e da allora fu più volte restaurata. Lungo tre metri e largo altrettanto, il caratteristico «ascensore» pesa circa otto quintali. 
Delle vicende del Santo Chiodo per la verità non si sa molto per la totale assenza di documenti. 
La presenza della preziosa reliquia è uno dei titoli che conferivano la dignità di basilica alla cattedrale di Milano, custode della Reliquia della Croce di Cristo. Il cardinale Enrico Scotto concesse nel 1444 un’indulgenza particolare a chi contribuiva all’illuminazione della Reliquia.



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Lancia di Cristo - Lancia Sacra


Lancia Sacra - Heilige Lance
La Lancia Sacra (conosciuta secondo la leggenda anche come Lancia del Destino, Lancia Santa, Lancia di Maurizio, Lancia di Longino o Lancia di Cristo) fu la lancia che trafisse Gesù mentre era sulla croce.
La
reliquia é esposta nella Weltliche Schatzkammer (la Stanza del Tesoro) del palazzo dell’Hofburg a Vienna. Durante il restauro, in una fenditura della lama fu inserito un chiodo, che si ritiene essere uno di quelli usati per crocifiggere Gesù.
La Lancia è menzionata solo nel Vangelo di Giovanni dove è scritto che i soldati romani per accelerare la morte di Gesù pensarono di rompergli i piedi, la pratica era nota come il “crurifragium”.  Un centurione volle però accertarsi se Gesù fosse ancora vivo e i testi sacri descrivono così quel momento:

“Ma uno dei soldati con la lancia gli trafisse
il costato, e ne uscirono sangue ed acqua.
E colui che vide ne serbò il ricordo, e il
Suo ricordo è veritiero; ed egli sa che ciò che
Dice è vero, affinché voi crediate.
Perché tali cose si compirono affinché si
Realizzasse ciò che è scritto: “Non un osso di
Lui verrà spezzato”.
E un’altra scrittura dice: “Guarderanno colui che
avranno trafitto”.”

Giovanni, XIX, 34,37

I Vangeli Apocrifi tramandano che, a colpire con la lancia il corpo di Gesù, fu un centurione romano, Gaio Cassio Longino soprannominato Longino l’Isaurico originario della provincia di Isauria, situata nell’attuale Turchia. Alcune gocce di sangue finirono negli occhi malati del centurione, che miracolosamente guarì. L’evento, portò verso la fede questo soldato che in seguito subì il martirio il 2 dicembre del 37 d.C. e venne sepolto in contrada Cappadocia.
Nel momento in cui l’estremità acuminata entrò in contatto con il sangue del Salvatore, acquistò istantaneamente straordinari poteri miracolosi.
Nei primi secoli dopo la morte di Cristo le notizie che riguardano la Lancia sono molto scarse.
Si dice che per qualche tempo fu in possesso di Maurizio, comandante di un distaccamento dell’esercito romano noto come la Legione Tebana. Nel 285 d.C. Maurizio e i 6666 soldati del suo contingente si rifiutarono di combattere contro una popolazione inerme e di fede cristiana della Gallia. Di fronte al rifiuto di combattere Massimiano generale di Diocleziano ordinò la flagellazione pubblica e quindi la decapitazione di tutti i militari di quella legione. La Lancia passò all’imperatore romano Costanzo Cloro e quindi a suo figlio Costantino il Grande che divenuto cristiano, la brandì in occasione della battaglia di Ponte Milvio, durante la quale, nel 312 d.C., sbaragliò le truppe di Massenzio. Passando da imperatore ad imperatore giunse nel 380 d.C. a Teodosio che brandendo la Lancia sconfisse i Goti entrando a Costantinopoli. Nel 425 d.C. il generale Flavio Ezio respinse Attila ai Campi Catalaunici e Carlo Martello, nel 733 d.C. sconfisse gli arabi a Poitiers. La Lancia Sacra, in seguito, passò da Carlo Magno agli imperatori Sassoni, tra cui Ottone I il Grande e poi a Federico Barbarossa degli Hohenstaufened infine agli Asburgo, che la collocarono nella Stanza del Tesoro del palazzo dell’Hofburg a Vienna.
Nel 1909 Adolf Hitler allora ventenne, in visita al palazzo dell’Hofburg per ammirare il tesoro degli Asburgo, vide la Lancia e ne rimase affascinato, quasi stregato. Quando l’Austria fu invasa dalle truppe tedesche nel marzo del 1938, Hitler ordinò di trasferire la Lancia a Norimberga, dove venne provvisoriamente collocata nella chiesa di S. Caterina che diventò un santuario mistico-esoterico nazista.

La tunica di Cristo


I soldati fecero in quattro pezzi “la veste”, o “il mantello” (ta imatia), cioè l’indumento esteriore di Gesú, non la tunica, il chiton, che era l’indumento intimo, portato a diretto contatto con il corpo
...I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura: Si sono divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte” (Gv 19,
23-24)

La Tunica Reliquia considerata il vestito senza cuciture di Cristo.
Gli indumenti che costituivano l’abbigliamento di base di un ebreo nel I secolo erano almeno tre e la tunica, - chiton - era l’indumento intimo, portato a diretto contatto con il corpo.
Per la tunica citata nel vangelo (quella che i soldati si giocarono a dadi ai piedi della croce), i due esemplari più famosi si trovano in una chiesa di Argenteuil presso Parigi, e a Treviri – Germania- (meta di pellegrinaggi.)
Il professor André Marion, ricercatore presso il Centro National de la Recherche Scientifique - CNRS (Parigi) studioso della Sacra Sindone, utilizzando le più avanzate attrezzature della scienza moderna ha riscontrato che la distribuzione delle macchie di sangue che si trovano sulla reliquia conservata ad Argenteuil corrispondono perfettamente alle lesioni provocate dal trasporto della croce e sono sovrapponibili con i segni delle ferite riscontrati sulla
Sacra Sindone. Anche in questo caso il sangue appartiene al gruppo AB. La datazione al carbonio la colloca nel 700 d.C.?

Il volto Santo di Manoppello


Il volto Santo di Manoppello

Secondo la tradizione, in un giorno imprecisato del 1506, uno sconosciuto pellegrino consegnò al fisico e astrologo Giacomo Antonio Leonelli un misterioso velo. Mentre sorpreso e commosso, Leonelli ammirava il volto “dipinto” su quel telo, il pellegrino scomparve, senza lasciare traccia. Il velo rimase in casa Leonelli per quasi cento anni poi fu venduto a Donantonio De Fabritiis che nel 1683 lo donò ai Cappuccini. Nel 1646, dopo l’autenticazione notarile, i religiosi esposero la reliquia alla pubblica venerazione.

Nel Santuario del Volto Santo, a Manoppello, in provincia di Pescara da circa 400 anni si venera un’immagine che alcuni ritengono “Acherotipa”, ovvero non fatta da mano umana. Si tratta di un velo, che per alcuni è bisso marino, sul quale c'è un viso maschile con i capelli lunghi e la barba, che sarebbe quello di Cristo. Le misure del velo sono 17 x 24 cm e l'immagine è visibile allo stesso modo sia dal davanti che dal retro della tela con la stessa tonalità di colore. La cosa sorprendente è che dagli esami fotografici, osservazioni al microscopio e sotto luce ultravioletta non compaiono tracce di pigmenti o pitture, c’è solo del nero nelle pupille. Le fibre del tessuto sembrano quasi bruciacchiate. Nel 1978, suor Blandina Paschalis Schloemer, un’esperta iconografa, affermò dopo varie ricerche, che il volto di Manoppello e quello della Sacra Sindone di Torino sono sovrapponibili, i tratti sono, infatti, gli stessi. Ulteriori ricerche condotte da padre Builst e dal gesuita Heinrich Pfeiffer hanno portato alla quasi certezza che esiste una relazione tra la Sindone e il Volto Santo. Secondo i due studiosi la Sindone ed il Velo, sarebbero stati poggiati entrambi sul volto di Cristo. All’interno del santuario è possibile vedere i test e le prove fotografiche dei loro studi.

Per alcuni studiosi il velo di Manoppello potrebbe essere la storica e leggendaria“Veronica Romana” che durante il pontificato di Gregorio II era conservata nell’antica Basilica di San Pietro, dove era venerata da migliaia di pellegrini; di essa se ne persero le tracce nel 1608 dopo la demolizione della cappella ove era custodita. 



La sacra Sindone

La sacra Sindone
La Sindone (che significa: un tessuto di lino di buona qualità) è un telo di lino lungo 437 cm e largo 111cm. compresa una striscia cucita longitudinalmente larga circa 8 cm. Sul tessuto è impressa l'impronta frontale e dorsale di un uomo crocifisso, non si tratta di un dipinto e l’immagine sembra un negativo fotografico. Nei vangeli si dice che dopo la morte, il corpo di Gesù fu avvolto in un telo e gli fu posto un fazzoletto sulla testa. (velo di Manoppello)
Le prime documentazioni sicure riguardanti la Sindone risalgono al 1353, quando Geoffroy de Charny, valoroso generale francese profondamente religioso, collocò la Sindone nella chiesa che lui aveva fondata nel suo feudo di Lirey nella Champagne; non si sa come fosse venuto in possesso del telo. Nel 1453 la Sindone arrivò alla corte dei duchi di Savoia, che dal 1471 iniziarono i lavori per ristrutturare e ingrandire la cappella del castello di Chambéry, capitale del Ducato, in previsione di una futura esposizione della Sindone. II 4 dicembre 1532 un incendio devastò la Sainte-Chapelle du Saint-Suaire e causò notevoli danni alla
reliquia. Furono le Clarisse che nel 1534 ripararono il telo. Il 14 settembre 1578. Emanuele Filiberto trasferì la Sindone nella sede attuale, il Duomo di Torino.
L’immagine che è rimasta impressa sul tessuto mostra il corpo di un uomo che ha subito lesioni mortali. La morte è avvenuta certamente a causa delle torture subite e al supplizio della croce. Sono, infatti, visibili le ferite ai polsi e ai piedi causate dai chiodi. La ferita al costato è certamente letale. Sono presenti impronte lasciate da coaguli di sangue che è risultato di gruppo AB. Sul telo sono state trovate tracce di aloe, mirra e granuli di polline compatibili con una provenienza mediorientale della Sindone. Nel 1977 utilizzando un computer è stata ricavata unimmagine tridimensionale del volto dalla quale sono emersi particolari che fanno supporre che sugli occhi fossero state poste monete risalenti all’epoca di Cristo (era una pratica usuale in quel periodo) . Il risultato che più ha creato scalpore riguarda la datazione al carbonio, che fa risalire il tessuto a un periodo compreso tra il 1260 e il 1390. Sono state sollevate obiezioni, riguardanti questo tipo di esami, le ricerche continuano.

Il sangue di Gesù



Il sangue di Gesù
Il centurione romano Longino, dopo aver trafitto con la lancia il costato di Cristo, raccolse la terra intrisa del sangue uscito dalla ferita e la ripose in una cassetta metallica che portò con sé nelle sue peregrinazioni fino a Mantova, dove giunse nel 36 d.C., Non si conosce il motivo di questo suo viaggio ma, per non correre rischi a Mantova nascose la preziosa cassetta sotto terra. Longino che era diventato apostolo del Signore, fu catturato subì il martirio e venne decapitato. Nell’804 d.C. non si sa in quale circostanza fu ritrovata la cassetta metallica contenente la reliquia e nei pressi c’erano delle ossa umane che furono attribuite al centurione. Carlo Magno venuto a conoscenza della leggenda di Longino, convocò il Papa Leone III che giudicò autentica la reliquia, elevò la città a sede vescovile e sul luogo del ritrovamento, fu costruito l'oratorio di Sant'Andrea per ricordare l'evento. Non si hanno notizie degli anni successivi al ritrovamento, si sa solo che nel 923, per timore di una razzia da parte degli Ungari, la terra intrisa del preziosissimo sangue, fu suddivisa in due contenitori che furono nuovamente nascosti: uno nello stesso luogo nel quale era stato trovato la prima volta e l'altro nella chiesa di S. Paolo. Passarono molti anni e della reliquia si perse il ricordo, fino a quando, nel 1048, Sant'Andrea Apostolo apparve in sogno a un mendicante cieco e gli indicò il luogo in cui scavare per riportare alla luce il sangue di Cristo. Nessuno credette al mendicante ma, dopo altre due apparizioni del Santo la reliquia fu fatta cercare. Trovata, fu sottoposta al giudizio del Papa, che ne confermò l'autenticità. Nel 1472, per dare una degna custodia alla Reliquia, iniziarono i lavori dell'attuale Basilica di Sant'Andrea su progetto e disegno di Leon Battista Alberti. Nel 1479 fu "ritrovata" nella chiesa di S. Paolo, la porzione di Reliquia nascosta nel 923. Il Sacro Sangue di Gesù, dal 1500 fu custodito all'interno di due reliquari d'oro disegnati dal Bernini e realizzati da Nicolò da Milano, divenne meta di pellegrinaggi di massa e fu visitato da Papi e Imperatori.
Nel 1848 Mantova fu invasa e i sacri vasi furono depredati, ma pare che quelli trafugati fossero delle coppie e la sacra reliquia che era stata suddivisa in varie parti non andò dispersa. Poiché le reliquie furono varie volte oggetto di tentato furto costruirono nella cripta della Basilica un forziere, dal quale le ampolle sono tolte solo una volta l’anno, il venerdì Santo per esporle alla venerazione dei fedeli. L’apertura del forziere prevede l'impiego contemporaneo di dodici chiavi (conservate da dodici persone diverse). I reliquiari che si vedono ora furono commissionati a Giuseppe Bellezza dall'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe. 
La curia sembra che non abbia mai concesso dei campioni per eseguire analisi sulle tracce ematiche contenute nelle ampolle, sarebbe stato interessante un confronto con quelle della Sindone.


Lourdes


Lourdes
Lourdes è un comune francese del dipartimento degli Alti Pirenei e fa parte del territorio dell'Occitania. La località è conosciuta in tutto il mondo per il "Messaggio di Lourdes" ovvero i gesti e le parole che si sono scambiate la Madonna e Marie Bernarde Soubiroux (Bernadette), alla Grotta di Massabielle, nel corso delle diciotto apparizioni avvenute dall'11 febbraio 1858 al 16 luglio 1858.
La chiesa ha riconosciuto come miracolose sessantasette guarigioni verificatesi fra i pellegrini che si sono recati a Lourdes.
*11 febbraio 1858 - Bernadette contadina quattordicenne del luogo, sua sorella Antonietta e la loro amica Giovanna Abadie, mentre cercavano legna da ardere, arrivarono davanti alla Grotta di Massabielle. Bernadette alzando lo sguardo vide, nella grotta, una “Signora”, avvolta di luce, che la osservava e le sorrideva. E’ la prima apparizione.
*14 febbraio - Le tre ragazze si recano alla grotta e recitano il rosario in Sua presenza. E' la seconda apparizione
*18 febbraio - Terza apparizione durante la quale la Signora invita Bernadette ad andare alla grotta per i successivi quindici giorni.
* Dal 19 febbraio al 4 marzo - Bernadette si reca ogni giorno alla grotta e ogni volta ad eccezione di un lunedì e di un venerdì, la Signora appare. L'avvenimeto ormai è risaputo e il numero delle persone che seguono le ragazzine alla grotta è in continuo aumento, saranno circa ottomila alla quindicesima apparizione.
Durante uno di questi incontri la ragazza è invitata a bere ad una “fontana” in fondo alla grotta, Bernadette vede solo della fanghiglia ma ubbidisce, scava con le mani e beve un sorso di quell’acqua. E' invitata anche a mangiare un po’ di erba, esegue, poi la Visione scompare.
*2 marzo - La Signora dice a Bernadette di riferire ai preti che in quel luogo deve sorgere una cappella. Bernadette comunica il messaggio ma il curato vuole sapere il nome di quell’Apparizione.
*3 marzo - Bernadette chiede il nome ma non ottiene risposta. Il parroco dice alla ragazzina di non tornare in quel luogo perché la stanno prendendo in giro.
*25 marzo - L’Apparizione dice ancora per tre volte a Bernadette che in quel luogo devono costruire una cappella, poi la invita a lavarsi alla “fontana” e a pregare per la conversione dei peccatori. A questo punto la rivelazione: “Io sono l’Immacolata Concezione”. È la sedicesima apparizione.
*16 luglio - Diciottesima e ultima apparizione. La polizia ha chiuso l'area della grotta con un'inferriata ma Bernadette dice di aver visto la Signora vicina come tutte le volte precedenti.
Il vescovo di Tarbes, Mgr Laurence, in seguito autentificherà che ci si è trovati alla presenza della madre di Gesù.

Santa Maria Maddalena


Maria Maddalena
I Vangeli citano tre donne che ebbero un ruolo nella vita di Gesù:
Maria di Magdala dalla quale Cristo scaccia sette demoni, che assiste alla crocefissione ed è la prima che trova il sepolcro vuoto e parla con Gesù. 
Maria di Betania, sorella di Marta e di Lazzaro, che ascoltò l’insegnamento di Gesù.
La peccatrice che bagna con le sue lacrime i piedi di Cristo, li asciuga con i suoi capelli, li bacia e li cosparge d’unguento. 
Papa Gregorio Magno (Roma 540 circa / Roma12 marzo 604) ritenne che gli avvenimenti descritti dai Vangeli riguardassero una sola persona e che quindi non si trattasse di tre donne diverse, per questo motivo nei suoi scritti le fuse in una sola: Maria Maddalena la prostituta. 
In nessun passo dei Vangeli si dice che Maddalena fosse una prostituta, da scritti dei primi secoli dopo Cristo, ( non accettati dalla chiesa) si racconta che fosse la figlia del sacerdote che officiava nella sinagoga a Cafarnao, quindi di famiglia benestante. In alcuni scritti gnostici ( non accettati dalla chiesa) del II e V secolo d.C., Maria Maddalena è descritta come fosse stata la compagna di Gesù e che avesse trasmesso agli apostoli le speciali rivelazioni che lui le aveva fatto. Più importante persino di Pietro (che si lamentava perché Gesù la baciava spesso), è lei che assiste all’agonia di Cristo sul Golgota, è lei la prima che incontra Cristo risorto, è lei che gli parla per prima, lei che cerca di abbracciarlo – lui la allontana dolcemente con una carezza sulla fronte - lei che annuncia la resurrezione agli apostoli quando questi sconvolti non sapevano più cosa fare.
Soprattutto nel medioevo i Padri della Chiesa presentarono Maria Maddalena come discepola modello e la devozione e le leggende nei suoi confronti crebbero. Secondo la leggenda che non ha riscontro in nessun Vangelo Maria Maddalena dopo la morte di Cristo fu catturata dai suoi persecutori. Lei, i parenti, alcuni seguaci e la serva furono messi su una piccola imbarcazione priva di timone, remi e vele e furono abbandonati nel Mediterraneo, ma miracolosamente approdarono in Provenza a Ratis, divenuta poi Les Saintes Maries de la Mer, Marsiglia. In questi luoghi Maddalena si ritirò in eremitaggio nella grotta della Sainte Baume, dove visse trent'anni in solitudine e penitenza. Le reliquie di Maria Maddalena divenuta santa, furono venerate a Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, Provenza dove, per soddisfare un enorme flusso di pellegrini, Carlo II d'Angiò fece erigere, verso la metà del tredicesimo secolo, una monumentale basilica. Le ossa della santa furono poi disperse durante la Rivoluzione Francese. Ritrovate nel 1279, negli anni 1295-1296 per custodirle, insieme all'adiacente convento domenicano fu ricostruita quella che è l'attuale basilica e la tomba della Maddalena divenne meta di pellegrinaggio. Il reliquiario con il teschio di Santa Maria Maddalena è ancora oggi visibile nella cripta della basilica. In base agli studi il teschio appartiene a una donna di circa cinquant’anni di origine mediterranea. Nel reliquiario è inserito un cilindro di cristallo, contenente la parte della fronte che, secondo il Vangelo, Gesù avrebbe accarezzato il mattino della Resurrezione.

Santuario di San Michele Arcangelo


Monte Sant’Angelo
San Michele Arcangelo tra il 490 ed il 493 comparve ad un pastore nella grotta dove oggi sorge il Santuario di San Michele Arcangelo, dando inizio ad una tradizione di pellegrinaggi che sussiste ancora. Il Monte Sant’Angelo si trova su uno sperone del Gargano ad un’altitudine di 843 m. Il borgo è famoso non solo per l’incantevole panorama ma anche per la sua storia e il suo significato religioso. In questi luoghi nel medioevo sostavano i pellegrini e i crociati diretti alla Terra Santa. Il santuario con il suo campanile a forma ottagonale che richiama il famoso Castel del Monte fu fatto costruire nel 1274 da Carlo I d'Angiò, sorge nel cuore della cittadina ed è uno dei più antichi luoghi di culto della cristianità. Dal santuario scendendo 5 rampe di scale scavate nella roccia si accede alla Basilica, proprio davanti alle imponenti porte in bronzo del 1076, sulle quali sono raffigurate scene del vecchio e del nuovo testamento.  Attraverso l'aula interna si accede alla grotta dell'apparizione dove si trova la statua in marmo dell’arcangelo attribuita ad Andrea Sansovino. L'altare della Madonna risale al XI-XII secolo.
All’interno del trecentesco ex convento francescano c’è la sede del Museo di arti e tradizioni popolari del Gargano “Giovanni Tancredi”.

Santuario di Loreto e Santa Casa di Maria


Santuario di Loreto e Santa Casa di Maria
La dimora terrena di Maria a Nazareth era formata da tre pareti addossate ad una grotta scavata nella roccia (che si trova nella Basilica dell'Annunciazione a Nazareth). Quando i crociati furono espulsi dalla Palestina, per salvare la Santa Casa dalla sicura rovina, la trasportarono prima in Croazia, nel 1291 e poi a Loreto il 10 dicembre 1294. Gli esami fatti sui materiali hanno confermato la provenienza delle mura dalla Palestina. Le pareti della Santa Casa di Loreto sono costruite con filari di mattoni in pietra arenaria, lavorati secondo la tecnica usata dai Nabatei, un popolo confinante con gli ebrei, molto usata per molte costruzioni in Terra Santa e la malta che unisce le pietre è composta di materie inesistenti in territorio marchigiano, ma tipiche a Nazareth. Le sezioni superiori aggiunte successivamente e, quindi spurie, sono in mattoni locali, gli unici materiali edilizi usati nella zona. I dipinti e i graffiti sulle pareti, tuttora visibili, ritraggono il pellegrinaggio dei fedeli che visitarono la casa prima del 1291 e l’iconografia dei santi raffigurati corrisponde a quelli riconosciuti dalla chiesa d’oriente. Un documento del settembre 1294 scoperto di recente, attesta che Niceforo Angelo, despota dell'Epiro, nel dare la propria figlia Ithamar in sposa a Filippo di Taranto, quartogenito di Carlo II d'Angiò, re di Napoli, fra le cose dategli in dote, compaiono in evidenza: "Le sante pietre portate via dalla Casa della Nostra Signora la Vergine Madre di Dio". Ultima e definitiva conferma riguarda le dimensioni dell’abitazione, che corrispondono con precisione al vano rimasto nella roccia in cui sorgeva la casa in Palestina. Sotto l’apertura detta finestra dell’Angelo, è visibile un Crocifisso ligneo del XIII secolo, la cui fattura è attribuibile al pittore toscano Giunta Pisano. All’interno della Santa Casa, è conservata la statua della Madonna Nera, modellata da Enrico Quattrini ed eseguita e dipinta da Leopoldo Celani (che le conferì una tonalità troppo scura rispetto a quella dell'originale) scolpita su legno di un cedro del Libano dei Giardini Vaticani, per volere di Pio XI, La statua sostituì quella del sec. XIV, andata distrutta in un incendio scoppiato nel 1921. Il Papa nel 1922 la incoronò in Vaticano e la fece trasportare solennemente a Loreto. In origine la Madonna era un’icona dipinta in legno, di probabile origine orientale, che fu, appunto, sostituita con la statua della Vergine Lauretana rivestita di un manto detto “dalmatica”.
La città di Loreto, nelle Marche, deve la sua fama internazionale al santuario mariano dove si conserva e si venera la Santa Casa della Vergine Maria. Il santuario fu costruito per proteggere la Santa Casa, su iniziativa del vescovo di Recanati, Nicolò delle Aste nel 1469, e fu concluso nel 1587 Il campanile fu disegnato da Luigi Vanvitelli e fu costruito nel 1755. Il rivestimento marmoreo, all'esterno, è stato progettato da Donato Bramante. 


sabato 30 ottobre 2010

I tre Magi


I Magi
La storia dei tre Magi non è ben definita nelle Sacre Scritture, infatti, solo il Vangelo di Matteo (2,1-12) li cita, ma non dice i loro nomi, o il loro numero, dice solo genericamente che provenivano da oriente. Di loro non si ha menzione negli altri Vangeli. Solo dai Vangeli apocrifi si possono avere notizie, comunque sempre piuttosto vaghe e discordanti persino sul numero, alcune fonti parlano di 12 magi. L'appellativo magi, deriva da “magni” indicava in essi la saggezza, la sapienza, cioè grandi nella sapienza. I Persiani chiamavano “magi”coloro che gli Ebrei chiamavano scribi, i Greci filosofi e i latini savi. La tradizione cristiana comunque ne riconobbe tre a cui corrispondevano i nomi latini di Caspar, Balthasar, Melchior. Secondo il racconto di Giovanni Crisostomo, ogni anno, dodici uomini salivano sul monte più alto e vi restavano in preghiera in attesa dell'apparizione della stella annunciata dal profeta Balaam. Quando comparve la stella, i Magi si misero subito in cammino ed arrivarono a Gerusalemme in 13 giorni, qui chiesero ai Giudei il luogo della nascita di Gesù. Finalmente giunti a Betlemme offrirono al Salvatore: l'oro, il dono riservato ai re, l'incenso, usato per adorare l'altare di Dio, e la mirra, il balsamo per i defunti, doni che Persiani e Caldei usavano offrire ad un re. 
Secondo le leggende orientali, al ritorno nelle loro terre avevano con se il dono che avevano ricevuto dalle mani del Bambino o della Vergine. Una pietra staccata dalla mangiatoia, un pane rotondo, una fascia in cui era stato avvolto il bambino, a seconda delle diverse versioni; tutte comunque accomunate dalla nascita del culto del fuoco. In ciascuno dei tre casi, infatti, dall'oggetto regalato si sprigionò un fuoco sacro, degno di venerazione. Sulla loro morte vi sono diverse versioni, una ci dice che sono morti in Persia e sepolti insieme in una grande tomba. Secondo questa tradizione l'imperatrice Elena (madre di Costantino), venutane a conoscenza, avrebbe fatto trasportare le reliquie a Costantinopoli in una grande chiesa fatta costruire apposta per ospitarle. Tempo dopo Eustorgio, ottenne dall'imperatore d'Oriente la possibilità di traslare le spoglie dei Magi a Milano, ma non è certa l'epoca di tale trasferimento né se il personaggio di cui si parla fosse Eustorgio vissuto nel IV secolo, al tempo di Sant'Ambrogio o Eustorgio II, vescovo milanese nel VI secolo. La tradizione vuole che Eustorgio le avesse trasportate all'interno di un colossale sarcofago di età romana ancor oggi presente nella Cappella dei Magi nella Basilica milanese di Sant'Eustorgio. 
Si sa con certezza che le reliquie rimasero a Milano fino al 1164 quando Federico Barbarossa sconfisse i Milanesi. Fu allora che l'imperatore esaudì la richiesta del suo cappellano e consigliere Romualdo da Colonia, di trasportare nella sua città natale i resti mortali dei Magi, e il 23 luglio 1164 le reliquie arrivarono a Colonia e furono deposte nella cattedrale. 
Ancora oggi i fedeli venerano il prezioso reliquario d'oro del XIII secolo, il più imponente di tutta la cristianità, in cui sono conservate le reliquie. Durante la seconda guerra mondiale il reliquiario fu danneggiato e quindi restaurato nel 1973. L'arcivescovo di Colonia, in quell’anno restituì un frammento dei tre saggi alla chiesa di Sant'Eustorgio di Milano dove il loro culto resta ancora oggi vivo.
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Fatima

Fatima
Fatima è una piccola parrocchia della diocesi di Leiria, sui contrafforti della Sierra d'Aire, a circa 120 chilometri a nord di Lisbona, quasi nel centro geografico del Portogallo. Il santuario situato a Cova de Iria, è stato costruito sul luogo dove il 13 maggio 1917, tre pastorelli, mentre giocavano, videro una luce che li spaventò. La piccola cappella, cuore del Santuario, costruita la prima volta nel 1919, e ricostruita nel 1923 è situata nel luogo delle apparizioni e risponde alle richieste fatte dalla Madonna ai tre pastorelli. La colonna dove è posata l'immagine della Madonna indica il luogo esatto dove nel 1917 esisteva il leccio dove è apparsa la Vergine. La prima statua della Vergine Pellegrina di Fatima, realizzata secondo le indicazioni di Suor Lucia, fu offerta dal Vescovo di Leiria e incoronata solennemente dall´Arcivescovo di Evora, il 13 di Maggio del 1947. Fatima ha ricevuto la designazione di Basilica il 12 novembre 1954, dal Papa Pio XII.
Sul colonnato della basilica, insieme architettonico composto da 200 colonne e 14 altari, sono state collocate 17 immagini di santi devoti della Madonna. Interessanti sono: la torre campanaria, alta 65 metri, il carillon composto da 62 campane, l'orologio, gli angeli della facciata e nella nicchia della torre la statua di Maria. Il tempio è composto da 14 altari laterali rappresentanti i 14 misteri del Rosario. Il quindicesimo mistero è rappresentato sulla volta della Cappella maggiore.
Fatima è divenuta meta di numerosi pellegrinaggi da quando la Vergine apparve a Lucia, Francesco e Giacinta. Le visioni ( complessivamente 6 ) iniziarono il 13 maggio e terminarono il 13 di ottobre ripetendosi ogni mese nello stesso giorno, ad eccezione di agosto nel quale l’apparizione si verificò il giorno 19 a Valinhos, una località poco distante dalla precedente. Lucia aveva allora dieci anni, mentre i suoi cuginetti, Francesco e Giacinta Marto, ne avevano rispettivamente nove e sette. La cosa suscitò una vasta eco e furono numerosi i fedeli che credettero alle apparizioni. Nel 1930 la Chiesa cattolica, proclamò il carattere soprannaturale delle apparizioni e ne autorizzò il culto.
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Non mi piace fare il copia incolla del lavoro altrui, ma in questo caso tutto quello che segue è copiato integralmente dal web. Poiché nella maggior parte dei casi sono riportate delle frasi racchiuse fra virgolette, non ho ritenuto opportuno farne un riassunto.

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Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Il miracolo della danza del sole
 www.Fatima.org
"Il Miracolo del Sole, si verificò nell'esatto momento annunciato da Lucia, quando più di 70.000 persone, inclusi massoni, comunisti e atei, videro il sole rotolare nel cielo contro ogni legge cosmica, spargere colori e discendere sulla terra. L'evento fu riportato dai giornali di tutto il mondo, compreso il New York Times.”.
Il prodigio del sole
www.mistic.it
Il professore L. Gonzaga Da Fonseca racconta nel suo libro "Le meraviglie di Fatima" il prodigio del sole:
"La pioggia cessa immediatamente, le nubi si squarciano e appare il disco solare, come una luna d'argento, poi gira vorticosamente su se stesso simile ad una ruota di fuoco, proiettando in ogni direzione fasci di luce gialla, verde, rossa, azzurra, viola... che colorano fantasticamente le nubi del cielo, gli alberi, le rocce, la terra, la folla immensa.
Si ferma, poi, alcuni momenti, poi ricomincia di nuovo la sua danza di luce... Si arresta ancora per incominciare una terza volta più svariato, più colorito, più brillante quel fuoco di artificio. La moltitudine estatica, senza fiatare, contempla. Ad un tratto tutti hanno la sensazione che il sole si stacchi dal firmamento e si precipiti su di loro! Un grido unico, immenso erompe da ogni petto; esso traduce il terrore di tutti, e nelle varie esclamazioni esprime i diversi sentimenti: Miracolo! Miracolo! Credo in Dio! Ave Maria! Mio Dio, misericordia!
I più, cadendo ginocchioni nel fango, recitano ad alta voce l'atto di contrizione. E questo spettacolo, chiaramente distinto in tre tempi, dura ben 10 minuti ed è veduto da più di 50mila persone; credenti e miscredenti, semplici contadini e cittadini colti, uomini di scienza e corrispondenti di giornali, i quali tutti senza preparazione di sorta, senza altra suggestione che la voce di una fanciulla che grida: Guardate il sole! vedono gli stessi fenomeni, con le stesse fasi, nello stesso tempo, nel giorno e nell'ora da mesi promessi e preannunziati".
Un evento incredibile e inspiegabile raccontato, anche, da indiscutibili uomini di scienza come il professor Josè Maria Proenca de Almeida Garret, docente all'università di Coimbra. Egli scrive:
"Il sole... aveva rotto radioso il denso strato di nubi che lo velava, e tutti gli sguardi furono attratti a lui quasi attirati da calamita. Anch'io provai a fissarlo e lo vidi somigliante a un disco a netti contorni, fulgente ma senza barbaglio.
Non mi sembrò esatto il confronto che sentii fare lì stesso a Fatima, di un disco di argento appannato. No, il suo aspetto era di un chiarore nitido e cangiante da sembrare l'oriente di una perla. Non somigliava affatto alla luna in una notte serena: si aveva la sensazione come di un astro vivente. A differenza della luna non era sferico e non ne aveva né il colore né i chiaroscuri. Appariva come un disco piatto e lucido che si sarebbe detto ricavato dalle valve di una conchiglia.
Non si poteva nemmeno confondere col sole attraverso la nebbia, di cui non c'era traccia, poiché‚ non era né confuso né velato, bensì aveva il bordo nettissimo. Questo bordo, vivo e sfolgorante, dette a numerosi testimoni l'impressione che l'astro fosse circondato da una scintillante corona... Le nubi che leggere correvano da est verso ovest non nascondevano la luce dell'astro, cosicché‚ si aveva l'impressione che esse passassero dietro il sole e non davanti...
E' sorprendente che per un tempo così lungo sia stato possibile fissare l'astro senza il minimo fastidio per gli occhi. Ad eccezione di due brevi interruzioni, durante le quali il sole dardeggiò violentemente dei raggi più brillanti e sfavillanti che costrinsero lo sguardo a voltarsi, il fenomeno si prolungò per circa dieci minuti. Questo disco madreperlaceo aveva la vertigine del movimento. Non era lo scintillio di una stella: girava su se stesso a velocità travolgente...
Divenuto rosso sangue, e come staccato dal firmamento, il sole sembrò, come lanciato da una mano invisibile e onnipotente, rimbalzare nel cielo e cadere con una serie di salti verso terra, mentre la temperatura si elevava rapidamente... (dopo) come richiamato da un ordine misterioso, tornò a riprendere il suo posto nel firmamento... Terminato il prodigio solare, la gente che poco prima era letteralmente inzuppata di pioggia, si trovò inaspettatamente asciutta... "
La visione di Pio XII:
http://www.edicolaweb.net/
Nel 1954, nella raccolta documentale "Attualità di Fatima" comparve un rapporto (in parte riportato nel libro "Il Terzo Segreto di Fatima" di Daniel Réju, MEB ediz.) intitolato "Il Papa dell’Assunzione e Fatima", firmato dal cardinale Federico Tedeschini. "Erano i giorni - scrive il porporato - della definizione dell’assunzione della Santissima Vergine Maria. Durante uno di questi, incontratomi con Sua Santità in una riunione ufficiale, il Santo Padre, visibilmente emozionato, si degnò di confidarmi ciò che segue: "Ieri, ho visto un prodigio che mi ha profondamente impressionato". E mi narrò come avesse visto il sole sotto la stessa forma, con quegli stessi prodigi, in quella stessa apocalittica convulsione, che noi sappiamo essersi prodotta davanti a settantamila persone a Fatima! Chi potrebbe descrivere come si presentò il sole, se non ripetendo le auguste parole? Rimasi scosso dallo stupore, ammutolito, interdetto! Era la prima volta che, per così dire, avevo la sensazione di vedere e sentire parlare un resuscitato: l’Evangelista ispirato di Patmos! E il Sommo Pontefice mi raccontava tutto questo emozionato e scosso come mai l’avevo visto... Ora, in che giorno e sotto che forma si produsse questo fenomeno, del tutto prodigioso, davanti agli occhi del Papa? "Era il 30 ottobre 1950 - mi narrò - l’antivigilia del giorno che l’intero mondo cattolico attendeva con impazienza, quello della solenne definizione dell’Assunzione in Cielo della Santissima Vergine Maria. Verso le quattro del pomeriggio, stavo facendo la mia abituale passeggiata nei giardini del Vaticano, leggendo e studiando, come mio solito, alcune carte d’ufficio. Dalla spianata della Madonna di Lourdes, salii verso la sommità della collina, passando per il viale di destra, che costeggia il muro di cinta. Ad un certo punto, come alzai gli occhi dai fogli che avevo in mano, fui colpito da un fenomeno che appariva come un globo opaco, giallo pallido, completamente attorniato da un cerchio luminoso, che tuttavia non impediva affatto di fissare l’astro con attenzione, senza provocare il minimo fastidio. Una nuvoletta, leggerissima, vi si trovava davanti come un diaframma. Il globo opaco si muoveva verso l’esterno, leggermente, ruotando e contemporaneamente spostandosi da destra verso sinistra e viceversa. Ma, all’interno del globo, v’erano, chiarissimi ed ininterrotti, dei moti molto forti. Lo stesso fenomeno si ripeté il giorno dopo, 31 ottobre e il 1° novembre, giorno della definizione; poi l’otto novembre, ottava di questa solennità. Poi, più nulla. Molte volte ho cercato, in altri giorni, alla stessa ora e con simili condizioni atmosferiche, di osservare il sole per vedere se il fenomeno si sarebbe riprodotto, ma invano. Non ho più potuto fissare il sole, nemmeno per un istante, perché la vista immediatamente era abbagliata. Questa è, in parole semplici e concise, la pura verità".

   


Per approfondire l'argomento e avere notizie dettagliate, consiglio di visitare il Sito ufficiale della Associazione Nazionale "Amici di Fatima" troverete tante iniziative lodevoli e notizie molto interessanti.